Insegnare a dei ragazzi il «cinema del fare»? Non ci ho pensato due volte. Ecco cosa ha significato per me tornare tra i banchi di scuola in una città che non conoscevo.
Quando mi hanno proposto di insegnare a dei ragazzi il «cinema del fare» non ho tentennato: ho risposto subito sì. Ciò che non pensavo, però, è che quel sì potesse scuotermi così tanto. Eppure dovrei essere preparato: nella mia carriera da wedding filmmaker di «sì» emozionanti ne ho sentiti davvero molti! Questo però era diverso, mi toccava nell’intimo.
Il progetto è nato nel contesto dell'istituto tecnico Bonaventura Cavalieri di Milano, all’interno del progetto PON “Realizziamo un film insieme” ideato dalla docente Chiara Maria D’Angelo. Lo scopo? Insegnare a degli adolescenti, a scuola, come si scrive, dirige, monta un cortometraggio. Dare quindi loro la possibilità di cimentarsi con il cinema, facendolo in prima persona.
Dicevo: questa esperienza per me è stata indimenticabile e prossimamente vorrei dedicarle lo spazio che merita, qui sul mio blog. Voglio, però, iniziare con il raccontare cosa ha significato per me tornare tra i banchi di scuola.
La scuola per me: un incubo
Lo ammetto: sono uno di quelli che hanno avuto un rapporto conflittuale con la scuola. Al solo pensiero, riaffiorano nella mia mente le incomprensioni, la rabbia e l’impotenza di fronte al mondo dei grandi. Quella discrepanza tra nozionismo e desiderio di conoscenza non ordinaria, curiosità vs obbligo. Quell’incapacità della maggior parte degli insegnanti di intuire le attitudini e le qualità dei ragazzi più riservati e taciturni, magari annoiati (ma per una ragione) e genuinamente incompleti. Come me.
Ho perfettamente a fuoco quella forza ineluttabile che mi faceva sentire a disagio, inadeguato nei confronti del sistema scolastico, che all’interno della classe ci rendeva competitor anziché compagni di viaggio, piegati al voto e al profitto. Sensazione opposta all’aria che si respirare in un set composto da creativi che remano verso la stessa direzione, insieme. Sì, decisamente devo dire che la mia dimensione - sociale e di affermazione e soddisfazione - non l'ho trovata da giovanissimo, ma anni e anni dopo.
Per me, quindi, dire sì a questo progetto è stato un riscatto. E la mia sensazione è stata avvalorata dalle parole di uno dei ragazzi che ha partecipato al corso (diventato poi il regista del cortometraggio che abbiamo realizzato): Manuel, questo il suo nome, durante la proiezione del corto a scuola in aula magna ha dimostrato di aver compreso e sposato lo spirito del progetto.
«Questa esperienza ci ha fatto capire che abbiamo delle qualità che sul mondo del lavoro potrebbero servirci, che non avremmo mai scoperto senza metterci in gioco. Il consiglio è di mettersi in gioco, sempre».
In primo luogo è stato proprio questo il mio obiettivo nei confronti dei ragazzi con il progetto “Realizziamo un film insieme”: spero di aver fornito loro le nozioni principali e gli strumenti pratici per realizzare un progetto audiovisivo in autonomia. In secondo luogo, mi auguro di averli aiutati a riconsiderare lo spirito di squadra e di aver dimostrato che ci si può divertire imparando.
Mi ha reso felicissimo ascoltare le parole di Beatrice, un'altra delle studentesse coinvolte nel cortometraggio alla fotografia, come operatrice di macchina e di supporto al montaggio: «Partecipare a questo progetto non mi è pesato per niente, anzi. Ogni volta che venivo a scuola per lavorare al corto mi sentivo a casa».
E, tornando al tema del riscatto, cito di nuovo Manuel che ha aggiunto qualcosa che mi ha fatto riflettere: «Per me lavorare al corto è stata una forma di riscatto. Mi ha fatto pensare che, anche in una scuola come questa in cui molti ragazzi si sentono ''parcheggiati", si trovano professori che ti trasmettono passione e propongono iniziative come questa. Mi sono sentito veramente bene quando ho visto il risultato finale».
Un grande insegnamento
Ho accettato di insegnare a dei ragazzi delle scuole superiori non perché mi sentissi in grado di farlo - non mi sento un docente, sono semplicemente un filmmaker con tante passioni - ma perché volevo dimostrare a me stesso che, posto dall’altra parte del banco, sarei riuscito a riscattare i fallimenti dei miei insegnanti che negli anni si sono riversati su di me (una bocciatura che mi ha cambiato profondamente, autostima ridotta ai minimi termini e incubi ricorrenti mai spariti del tutto).
Di una cosa sono fermamente convinto: credo che oltre al nozionismo si debba avere sensibilità e capacità di ascolto per poter insegnare il rispetto, la passione smisurata per la materia, per il gioco di squadra. L'obiettivo dovrebbe essere dimostrare agli adolescenti quanto siamo vicini al loro universo di insicurezze, che i loro disagi sono stati anche i nostri e che vogliamo ardentemente che siano persone migliori, più di quanto lo siamo noi oggi rispetto al nostro passato.
Poter tornare a scuola in questa veste, dunque, mi ha dato l’opportunità di completare il cerchio. Trapani o Milano, importava poco: quel luogo mi ricordava una versione di me che ho sempre cercato di rimuovere. Mai e poi mai avrei potuto immaginare un riscatto simile e che tutti questi insegnamenti li avrei ottenuti dal confronto con gli alunni, dalle nostre discussioni extra scolastiche e dalla docente Giulia Amati che con profonda umiltà si e seduta nel banco degli alunni per apprendere, ponendosi al loro stesso livello.
Ognuno di loro mi ha arricchito più di quanto io sia riuscito a dare in termini di competenze e nozioni. Non esistono parole che possano esprimere la gratitudine che nutro nei loro confronti e nei riguardi dei colleghi docenti che hanno contribuito a raggiungere questo risultato. Ci sono voluti quasi 20 anni, ma alla fine mi sono riconciliato con la scuola. Grazie infinite.
Prossimamente ti racconterò di più di questo progetto: come abbiamo lavorato, il corto che abbiamo realizzato, la risposta dei ragazzi. Intanto, però, ci tenevo a introdurre questa esperienza da un punto di vista personale, parlare di cosa ha rappresentato per me. Se vuoi saperne di più della mia esperienza come “formatore”, sarò felice di spiegarti cosa ho in mente per il futuro e i progetti che mi attendono.